È tutto mio!!!!!

“È mio! È mio!” è una tipica frase dei bambini dell’età compresa tra i 18-36 mesi. È una modalità che utilizzano per segnare il territorio quando avvertono la presenza di altri pari che potrebbero prendere l’oggetto conteso. I bambini hanno bisogno di sperimentare anche il sentimento di gestione della frustrazione mediante il quale apprendono che non è sempre tutto loro, ma vi sono anche altri bambini con le stesse intenzioni ed esigenze. L’intervento dell’adulto di solito è quello di dire: ” no,non è tuo, lascia il gioco al bimbo”. Dal nostro punto di vista psicopedagogico proponiamo di:

– non intervenire subito ma fare in modo che i bambini (anche se piccoli) possano cavarsela in modo (quasi) autonomo, sperimentando anche il sentimento di frustrazione e fallimento che permette loro di crescere.

– Raccontare ai bambini ciò che e’ accaduto in modo semplice e preciso. Non temere il pianto del bambino (pianto di rabbia perche’ vuole il gioco tanto conteso e pianto di delusione perche’ non gli è stato concesso) rappresentano occasioni utili di confronto e di ragionamento.

– Restituite la giusta importanza e il giusto valore. Non far frequentare altri bambini perché abbiamo un bambino che potrebbe arrabbiarsi facilmente non ci sembra educativo. Il tempo e l’autorevolezza sono da sempre due ottimi strumenti.

Non è colpa dei bambini di D. Novara

E’ uscito in questi giorni l’ultimo libro di Daniele Novara, (Non è colpa dei bambini ed. Bur Rizzoli, € 14) uno dei maggiori pedagogisti di spessore del panorama italiano a cui siamo da sempre molto legate.  Il libro ci piace perché: analizza in modo approfondito i bisogni (autentici) dei bambini, i quali necessitano di riferimenti forti e costanti e di regole chiare e precise (come ad esempio quelle che riguardano il lettone, i videogiochi, l’ultilizzo di smartphone etc). L’autore suggerisce: “di fronte alle difficoltà di un bambino accertiamoci che abbia una corretta crescita di autonomia“.

tratta di: l’argomento che tratta è complesso e delicato, l’autore invita ad un ragionamento sociale sui bisogni reali dei bambini piuttosto che intervenire sempre con una eccessiva medicalizzazione del problema. Riportiamo all’ educazione e al sapere pedagogico certe considerazioni senza dover catalogare i bambini in modo drastico. “Aggressività, paura, distrazione, disinteresse e regressione sono malattie educative non neuropsichiatriche e puntiamo sul sistema educativo della famiglia“.  Invitiamo alla lettura i genitori, in primis coinvolti nella crescita dei loro figli, ma anche gli educatori, le maestre e tutti coloro che ne sono coinvolti e interessati.

 

 

 

Come gestire la gelosia del fratellino..

Accettare l’arrivo di un fratellino o sorellina non è mai un’impresa semplice per il primogenito/a. È difficile, specie se si tratta di pochi anni di differenza, pensare che ad un certo punto “c’è anche lui” e che stia lì vicino o persino  in braccio alla mamma!. È inevitabile un po’ di gelosia (se non di rabbia) che può esprimersi anche attraverso dei forti capricci, le balbuzie, un’improvvisa regressione (tentativo di imitare il neonato). La rabbia e i capricci più intensi di solito avvengono proprio quando la mamma si dedica al fratello maggiore (“sei brutta,sei cattiva” oppure “No,No e poi ancora No anche senza apparente motivo). Alle famiglie che stanno attraversando questa fase suggeriamo di: – accogliere la rabbia e la gelosia e parlarne insieme al bambino con un tono tranquillo e pacato

– dedicargli del tempo e continuare a farlo sentire esclusivo. “La mamma adesso fa un gioco solo con te”.

– valorizzare i suoi bisogni e i suoi tempi; trasmettergli sempre un messaggio rassicurante e di fiducia proprio in questa sua fase di crescita e insicurezza.

– evitare di ripergli “tu sei grande” perché  non possiamo pensare che si senta grande improvvisamente

L’alleanza con le educatrici

Quando il vostro bambino frequenta il nido o la scuola d’infanzia si inserisce in un contesto sociale costituito da altri bambini e adulti. Le educatrici  (gli educatori maschi sono rarissimi purtroppo!) sono professioniste dell’educazione, spesso di lunga esperienza, con il compito di co-educare con voi i bambini. Conoscendo le dinamiche dall’interno, sappiamo bene quanto possono aiutare i genitori e sostenerli nel loro difficile ruolo. Non in un’ottica giudicante o critica (spesso anche loro sono genitori e capiscono bene cosa si prova in certe situazioni), ma con l’intento di lavorare insieme per il benessere dei bambini. Dunque il nostro suggerimento è proprio quello di affidarvi il più possibile a loro, collaborando in squadra, mettendovi in gioco, non certo delegando loro tutti gli aspetti educativi. Infatti si riescono ad ottenere dei cambiamenti in positivo solo se si procede in modo coerente e condiviso a scuola e in famiglia. Un classico esempio è il momento del passaggio dal pannolino al water: concordate con il nido o la scuola le modalità per provare a stimolare il bambino al controllo sfinterico e attuatele anche a casa. Nessuno purtroppo ha soluzione in  tasca, spesso si deve procedere per tentativi e in modo diverso da bambino a bambino, ma sostenendosi l’un l’altro anche negli eventuali fallimenti si potranno ottenere buoni risultati.

Allattamento al seno e asilo..

Torniamo al tema molto intimo e personale che riguarda l’allattamento al seno. Ci avete chiesto in tante  in questo periodo dedicato agli Inserimenti negli asili nido se fosse giusto o sbagliato interrompere anche l’allattamento al seno soprattutto per i piccoli di età compresa tra i 12 e 24 mesi. Riassumendo potremmo dire che:

1. Non vi è un tempo giusto o sbagliato, ma dipende dalla storia e dalla relazione di ogni coppia mamma-bambino

2. Non sentitevi giudicate, ma cercate di fare ciò che vi rende più tranquille e sicure e ciò che crediate sia meglio per il vostro bambino

3. Cercate sostegno in figure professionali adeguate, in grado di accogliere i vostri timori o paure

4. È vero che sarebbe preferibile che il piccolo non venisse più allattato al seno poiché notiamo che talvolta possono fare più fatica ad accettare la distanza dalla figura materna e possono piangere maggiormente, ma dipende sempre dal tipo di bambino e dal rapporto che ogni madre instaura con lui. Se vi trovate in situazioni simili, affrontate l’argomento con le Educatrici e il vostro Pediatra per valutare insieme come affrontare il problema.

5. Sicuramente, per esperienza, sappiamo che sarà più facile smettere solo nel momento in cui si è affrontato il problema con se stesse e si è decise nel portare avanti questa nuova strada. L’ambivalenza crea confusione e disorienta il piccolo che sarà ancora più insofferente.

 

Troppa tecnologia fa male..

Il dibattito è caldo in questi giorni sull’utilizzo o meno dello smartphone a scuola, dato che ormai si tratta di un oggetto indispensabile per le giovani generazioni. Per quanto riguarda i bambini invece vi invitiamo caldamente a non esagerare e a fare in modo che non acquisti un valore fondamentale.  È triste osservare come i bambini fin da piccolissimi riescano a maneggiare e subire il fascino di questi oggetti, ma la colpa non è certo loro..si tratta di una colpa sociale che riguarda e coinvolge noi tutti. Ormai il continuo bisogno di guardare il telefono, maneggiarlo e navigare è talmente un gesto automatico e naturale che è difficile stabilire un limite per i più piccoli. Perché non dovrebbero utilizzarlo se sono circondati da una comunità adulta che vive perennemente al telefono? Dovremmo riflettere insieme e impostare delle regole sociali condivise in grado di aiutare i bambini e gli adolescenti a capire quanto sia nocivo e dannoso l’utilizzo dello smartphone che in qualche modo ci allontana dal resto del mondo e ci fa dimenticare il piacere di stare insieme. Purtroppo dovendo essere realisti in tanti casi è ormai troppo tardi..ma non perdiamo mai la speranza né la volonta’ di un cambiamento. 

 

 

Inglese? Con Berlitz!

Tempo di corsi e di nuovi propositi..se volete far fare una nuova esperienza al vostro bambino da anni siamo legate al Metodo Berlitz col quale collaboriamo tra Roma e Milano.

Ci piace perché: si tratta di un inglese giocato e divertente, non competitivo ma propositivo che offre la possibilità di compiere un’esperienza: di socializzazione in primo luogo e poi di scoperta della lingua. Il metodo si basa su un continuo feedback dell’insegnante che segue il gruppo di bambini. Gli insegnanti sono madrelingua e preparati ad accogliere i bisogni delle diverse età. Per i piccoli (3-6 anni) c’è il corso Mimi & Me. I programmi sono Primary (3-5 anni) e Starter (5-6 anni) e le lezioni sono basate sul concetto del learning by doing. La lingua inglese viene raccontata e spiegata mediante il continuo uso di canzoncine e filastrocche e giochi di gruppo per rendere la lezione divertente e ricca di stimoli nuovi.  

Provate e sperimentare di persona le prove gratuite per i vari corsi. Vi aspettiamo!