Oggetti transizionali

linusForse qualcuno di voi ha sentito più volte il termine: “oggetto transizionale”, ma davvero sappiamo cosa significhi? Si tratta della famosa copertina di Linus, un oggetto, non necessariamente bello, ma con un valore simbolico importante. Un orsacchiotto, una pezza, una bambolina o un ciuccio hanno infatti il significato di rappresentare la figura primaria. Il pediatra e psicoanalista inglese D. Winnicott ha teorizzato questo fenomeno tipico della prima infanzia per cui i bambini considerano quell’oggetto concreto inanimato come un simbolo del rapporto con la madre, quindi ricco di affetti. Per questo motivo possiamo comprendere l’importanza attribuita a tali oggetti dai bambini; proviamo ad empatizzare con la loro reazione che a noi può parere esagerata quando l’ oggetto si rompe, o si è perso o la mamma ha deciso di metterlo in lavatrice! Rispettiamo il significato che viene attribuito a questi oggetti, e, anzi, valorizziamoli al fine di rendere i bambini gradualmente più autonomi dagli adulti.

Aiuto! Mio figlio piccolo parla da solo…

 

Meno male!! vuol dire che sta giocando (il mestiere di ogni bambino sano) con la fantasia e la creatività. Se non si isola per troppo tempo, se quando lo chiamiamo col suo nome ci risponde o si volta e se instaura relazioni con adulti e altri bambini, non c’è proprio da preoccuparsi. Da piccoli i bambini devono avere la possibilità di imparare e sperimentarsi in uno spazio particolare, a metà tra fantasia e realtà: il cosiddetto: “spazio transizionale”. Il bambino è in grado di riconoscere, ad esempio, che il suo pupazzo a cui è così tanto è affezionato, è solo un peluche inanimato, ma in fantasia lo rassicura trattarlo come fosse vero.

Per chi fosse interessato ad approfondire l’argomento sugggeriamo di leggere un classico dello psicoanalista inglese D. Winnicott: “Gioco e realtà”.

Dalla mamma tigre alla mamma mozzarella….

Mammechefatica s’interroga sulla continua necessità di etichettare la ‘categoria mamme’.
Dopo la ‘mamma tigre’ di Amy Chua, l’articolo di Pamela Druckermann sulle mamme francesi come ‘mamme migliori’, è la volta di Trisha Thomas (giornalista americana) che giudica le mamme italiane come ‘mamme mozzarella’.
Che bisogno si nasconde dietro a questa forma di ‘etichettamento’ e stereotipo socio-culturale? E se pensassimo che ogni donna-madre farà del suo meglio per allevare e crescere il suo bambino al di là del paese in cui vive?
Ci tornano in mente le belle parole di Winnicott ( pediatra, psicoanalista inglese, 1896-19719) il quale diceva che ‘ogni madre è sufficientemente buona’
e cioè proponeva un tipo di madre :
-autentica
-spontanea
-in grado di trasmettere ai figli sicurezza e amore (nonostante le difficoltà legate alla crescita dei piccoli e alle fatiche del quotidiano)

Mammechefatica sotiene le madri in grado di rispondere ai bisogni dei loro bambini.