Autostima e bambini: che ruolo hanno i genitori?

Essenziale, innanzitutto, è il modello che il genitore trasmette, anche inconsapevolmente, al figlio. Provate a ragionare se dal vostro comportamento emerge insicurezza, eccessiva competizione e richieste di performance troppo elevate. In secondo luogo cercate di evitare il più possibile frasi che trasmettono involontariamente un messaggio negativo al bambino e che, se ripetute numerose volte nel corso della crescita, gli comunicano un senso di inadeguatezza ed insicurezza. Facili esempi potrebbero essere:
-“Lo sapevo che sarebbe finita così”!
– “Sei un disastro”!
-“Ma non riesci mai a combinare qualcosa di giusto”?
-“Lascia fare a me, che tu…”
-“Sei sempre il solito”!

Infine una buona dose di affetto, coccole, sorrisi, ascolto, sguardi di comprensione e fiducia fanno tutto il resto. Ogni genitore fa errori, ma per fortuna i figli sanno accettare molto bene i genitori “pasticcioni”, se si dimostrano armati delle migliori intenzioni!

Parlare con i bambini in modo efficace

La comunicazione con i bambini, qualsiasi sia la loro età, è sempre fondamentale. Apparentemente sembrano piccoli per capire, ma non è così: se anche non conoscono alcuni termini, senz’altro colgono il senso e il tono affettivo usato dall’adulto. Come parlare quindi con loro in modo efficace?

 

  • Attirare la loro attenzione, assicurandosi il contatto visivo e abbassandoci alla loro altezza
  • Usare parole semplici, concrete
  • Evitare discorsi troppo lunghi e contorti
  • Il tono deve essere calmo, ma anche autorevole, se necessario
  • Non utilizzare minacce o ricatti affettivi (“Se continui così non ti vogliamo più bene” oppure “..me ne vado” perché fanno presa sulle angosce infantili peggiori)
  • Verbalizzare tutte le emozioni, anche quelle negative (rabbia, delusione, tristezza..)
  • Non ingannarli, né prenderli in giro
  • Se facciamo una promessa, va mantenuta!

Siete d’accordo con queste indicazioni?

E se il mio bambino non parla ancora?

Intorno all’anno, si sa, i bambini tendenzialmente incominciano a dire le loro prime paroline, ma, come sottolinea sempre MammeCheFatica, ogni bambino ha i suoi tempi, ben diversi da quelli dei manuali di pedagogia o puericultura. Quando è il caso di iniziare a preoccuparsi se il proprio bambino non dice nulla o davvero pochissime parole? Se gli altri aspetti (motorio, sociale, cognitivo..) ci sembrano funzionare bene, si può anche aspettare fino ai tre anni di età. L’importante è che il bambino interagisca in qualche modo con adulti e coetanei attraverso una comunicazione non verbale, che sia curioso del mondo circostante e risponda se chiamato per nome. Lo sviluppo del linguaggio dipende da moltissimi fattori e non ci deve allarmare se in ritardo rispetto ad altri bambini se tutto il resto procede bene. L’importante è sempre:

-non forzare il bambino a parlare

-non fare confronti con gli altri

-mantenere il controllo e scacciare l’ansia: si è ancora in tempo per intervenire ed eventualmente farsi aiutare

-non insistere eccessivamente sulla corretta pronuncia

-non prenderlo in giro se si esprime male

-stimolarlo con la lettura di fiabe e storie (l’apprendimento per imitazione funziona sempre molto!)

-verbalizzare i suoi desideri/sentimenti

Scegliere tra questo e quello..

Torniamo a parlare del tema della scelta in particolare riferito ai piccoli tra i 24 e 36 mesi. Per loro dover rispondere alla domanda del tipo: “Preferisci questo o quello? Sicuro che non vuoi quest’altro?” è molto complesso poiché implica il fatto di dover scegliere tra due o più cose e anche in tempi molto veloci. La maggior parte delle volte poi questa dinamica scaturisce inevitabilmente un capriccio (perché in fondo non voleva più quella cosa lì ma un’altra ancora). Ci chiedete se sia giusto o sbagliato e se se esiste un metodo efficace per evitare tutto ciò. Una possibile risposta potremmo sintetizzarla cosi’: se aiutassimo i piccoli nel processo di scelta eviteremmo tensioni inutili. Il far scegliere è un bisogno nostro (di noi adulti e della nostra precisa epoca storica) ma non corrisponde ad un bisogno infantile. Quindi dovremmo iniziare a capovolgere la domanda e avere un tono deciso: ” prendiamo questo! Oppure “Assaggiamo quello” senza il tono ambiguo della domanda e senza pensare che così facendo possiamo privare i bambini di qualcosa, poiché “quel qualcosa” rappresenta solo un nostro pensiero che non appartiene ancora al bambino in questa fase di vita.

 

 

 

Quando arriva il secondo figlio

L’arrivo del secondo figlio è un’ulteriore esplosione di felicità: si rivivono momenti di gioia indescrivibile, anche se è sempre diverso. Non solo perché i figli sono diversi, ma anche perché i genitori stessi sono diversi. Cambiati, cresciuti, più consapevoli e sicuri di sé. La famiglia si allarga e l ‘affetto, invece di dimezzarsi, si amplifica. Eppure non è così semplice la nascita di un secondo bambino. Subentrano le gelosie del primo e le conseguenti ansie dei genitori su come comportarsi. “Cosa posso fare per non far sentire ignorato il maggiore?” “Mi odierà perché tengo sempre in braccio il neonato?” oppure “Sarò una brava madre per tutte e due?”. Sono domande che più o meno si fanno tutti e scatenano grossi dubbi e sensi di colpa. MammeCheFatica suggerisce di contare sempre sul partner per dividersi i compiti e sostenersi l’un l’altro. E’ importante ritagliarsi degli spazi individuali con entrambi i figli e far sentire “speciale” con piccoli accorgimenti il più grande. Un’attività pensata solo per lui, una piccola sorpresa possono rendere più sereno il figlio maggiore sentendosi sempre nella mente di mamma e papà. I comportamenti di gelosia saranno comunque presenti, è normale, ma potranno essere più gestibili. In bocca a l lupo! E, per qualsiasi cosa, noi ci siamo!

Se fa fatica a mangiare…

Se il vostro bambino fa fatica a mangiare e da sempre è inappetente, oltre a capire le cause in profondità sarebbe meglio fare alcune considerazioni su come gestire ed affrontare il momento del pranzo e della cena con serenità e naturalezza, due parole chiave fondamentali. Mammechefatica invita i genitori ad offrire il piatto al bambino senza ricorrere alla TV o al cellulare, per far apprezzare loro le pietanze e poter stabilire un rapporto con il cibo. Anche la semplice esperienza del ‘paciugare’  è fondamentale per poter sentire e toccare il cibo ancora prima di assaggiarlo e stabilire se di gradimento o meno. Ai bambini più grandi invece consigliamo di preparare dei piatti cucinati da loro. Il gesto di cucinarsi qualcosa fatto con le proprie mani rappresenta un valido aiuto. Preparare la tavola, e sistemare gli allestimenti (segnaposti, menu’,porta bicchiere etc) sono un modo per rendere più giocoso e spensierato questo momento delicato.

Non ci resta che dirvi: buon appetito e..piatto pulito!

 

Le provocazioni dei bambini: com’è meglio comportarsi?

Spesso l’oppositività e la provocazione sono associate alla fase adolescenziale, dove i figli stanno crescendo e biologicamente sentono la spinta a rifiutare i genitori e gli adulti in generale. In realtà, a livelli inferiori, anche nei bambini piccoli si possono riscontrare moti di rifiuto, opposizione, rabbia e provocazione. A partire dai due anni circa, infatti, i bambini imparano a capire di essere persone distinte dai genitori, con il potere di affermare la propria volontà. Dunque iniziano i cosiddetti capricci (termine dispregiativo che non approviamo molto), i “No”, le urla e le sfide. In qualche modo è come se il bambino chiedesse provocatoriamente a mamma e papà: “Mi vuoi bene anche se faccio il monello?”. Se la reazione dei grandi è ferma, ma anche comprensiva, i bambini riceveranno quel senso di fiducia fondamentale per poter crescere in armonia. Se invece gli adulti trasmettono un messaggio giudicante, che suona come un’ etichetta indelebile (“Sei un monello, cattivo, intrattabile!”), alla lunga i figli non faranno altro che confermare l’idea che gli altri hanno di lui. Riflettiamo sull’influenza enorme che i comportamenti degli adulti hanno sui bambini in fase evolutiva.

Servono i castighi?

punizioniMammeCheFatica sa che ogni genitore ha il suo stile educativo e non c’è niente di più sbagliato nel dire ad una mamma o ad un papà: “Si deve fare così..non fare così!”. Ci permettiamo però di rispondere agli interrogativi che spesso ci vengono posti da genitori, più o meno giovani, rispetto all’ utilità di dare delle punizioni o no. Dalla nostra esperienza abbiamo notato che i castighi servono a ben poco: i bambini tendono infatti a ripetere l’azione proibita, o perchè gli adulti non sono stati abbastanza coerenti ed efficaci, o perchè vogliono sfidarli e provocarli ancora di più. A seconda dell’età del bambino è importante spiegare con parole semplici perchè quella cosa non va fatta, con coerenza e chiarezza. La regola infine dev’essere condivisa non solo da Mamma e Papà, ma anche dai nonni e dalle baby-sitter. Forza genitori, se date il buon esempio, i vostri bambini vi seguiranno!

Si può o non si può…? (parte prima)

mamma e bambinaSempre più spesso arrivano in consultazione genitori disperati, stanchi e sfiduciati..la maggior parte di loro è alle prese con dei veri e propri “principini” o “principesse” di casa, che pur avendo 2,3,4 anni sono così potenti da imporre agli adulti il loro volere.

“Com’è potuto accadere? Mio figlio era un angioletto prma!” si domandano questi genitori disorientati. Noi, per professione ed etica, non colpevolizziamo nessuno, non spetta a noi giudicare, sappiamo bene quanto sia faticoso svolgere il mestiere genitoriale. Possiamo però dare qualche strumento per riflettere su quello sta succedendo. Dalle descrizioni fatte pare proprio che in casa non ci siano regole (a parte quelle dettate dai piccoli “diavoletti”), si può fare quello che si vuole e non si ubbidisce mai. Ma questo è un problema perchè le regole, se impartite con una certa coerenza, danno ai figli certezze, sicurezze e indirizzi di comportamento. Ricordiamoci che sono atti d’amore, che i bambini richiedono con insistenza quando provocano e si impuntano in modo sfiancante.

(continua…)

Come capire se mio figlio è iperattivo? (parte II)

 

Riprendiamo il discorso suul’iperattività..

Quali altri sintomi possono associarsi a questa sindrome? Una compromissione cognitiva, ritardi dello sviluppo linguistico, dell’apprendimento e motorio sono molto frequenti. Quando sono più piccoli, oltre al temperamento difficile, presentano anche disturbi del sonno e dell’ alimentazione.

Chi sono i soggetti più colpiti? In genere bambini maschi in età scolare. Le bambine invece soffrono maggiormente di deficit attentivi, più che di difficoltà comportamentali.

Cosa possono fare gli adulti? In classe è bene che le insegnanti spieghino con parole semplici e non discriminanti le difficoltà del bambino chiedendo di empatizzare con lui e coinvolgerlo in tutte le attività possibili.

A casa i genitori, oltre a prendere provvedimenti clinici, è bene che non puniscano frequentemente il bambino o impongano un comportamento sedentario che lui non è in grado di rispettare. Un lavoro di parent training e sostegno alla genitorialità può risultare molto utile per affrontare le fatiche quotidiane.

Ricordiamo che la discriminante tra un disturbo ipercinetico e una forte vivacità sta nel disagio e nel malessere provato dal bambino. Se è sereno, a casa e a scuola, ha amici e il suo comportamento non influenza negativamente la vita familiare non si tratta di iperattività.